Tutto originale anni 60 e 70 e non solo
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Alcune foto si aprono in un'altra finestra per ingrandirle, il resto nella stessa finestra.
Per ingrandire di più : Tasto destro sull'immagine poi scegliere " aprire in un'altra finestra ", se poi appare il segno " + " sull'immagine quando il puntatore e' su di essa, cliccare per ingrandire la foto! Aspettare alcuni secondi che si carichi la pagina.
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Molte di queste sono Italiane e le portavamo in giro ..
Molte di queste sono Italiane e le portavamo in giro ..
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.. Le radio di casa e quelle d'auto
.. Le radio di casa e quelle d'auto
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qui riconoscerai alcuni di questi amati motorini 50cc 125cc ecc...alcuni con la testata Simonini..
Breve storia sulla Laverda
..queste erano le moto potenti che ad Ascoli P. erano di moda, spesso passavano davanti al bar facendo il mono-ruota. Per accenderle con quei motori da 350cc a 500cc dovevi salire in piedi sul pedale d'avviamento con il rischio di farti male con il contro-colpo e per questo partivano a spinta in terza...
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quei film che si facevano in vacanza o ad un compleanno ...tutti a sedere, spegni la luce che parte il proiettore..
quei film che si facevano in vacanza o ad un compleanno ...tutti a sedere, spegni la luce che parte il proiettore..
Ve la ricordate la POLAROID LAND COLORPACK 80 del 1971 - 1976?
Nella prima pagina ho messo delle foto di me a Roma e sugli sci e di mio padre prese proprio con questa POLAROID!
Un po di storia:
Questo modello Colorpack 80 venne prodotto dalla Polaroid, dal 1971 al 1976, solo per esportazione ed era simile al modello Colorpack II venduto negli Stati Uniti. Sul retro dell'apparecchio venivano inserite delle istruzioni per l'uso in diverse lingue e le indicazioni delle distanze di ripresa erano solo in metri. Queste fotocamere avevano otturatore elettronico (velocità di scatto da 1/500 di secondo a 10 secondi), esposizione automatica, potevano essere utilizzati con cuboflash, si potevano selezionare due velocità della pellicola (75 o 3000) e a ciascuna corrispondeva un'apertura fissa dell'obiettivo. Il modello Colorpack II, prodotto dal 1969 al 1972, fu il primo a colori venduto a buon prezzo (sotto i 30 Dollari) e il primo a colori con corpo in plastica. Fu un modello molto diffuso.
Si usava cosi:
Apparecchio fotografico di facile uso. Si seleziona la pellicola (colore/bianco e nero) con l'apposito dispositivo a slitta, si seleziona la luminosità con l'apposito anello (chiaro/scuro), si selziona la distanza di ripresa sull'obiettivo. Sbloccato il pulsante di scatto lo si preme delicatamente, fino in fondo. Se si utilizza il flash: inserire il cuboflash nell'apposio alloggio, bloccandolo ruotando in senso orario di 45°. Distanza ideale di ripresa con il flash: 1,5 metri. Dopo l'uso il cuboflash ruoto automaticamente. Per sviluppare la pellicola: tenendo l'apparecchio per l'impugnatura (lasciandolo pendere) estrarre la linguetta bianca, compare la linguetta gialla. Estrarre anche la linguetta giala lentamente: ha inizio lo sviluppo. Attendere i tempi indicati sul filmpack e separare la foto dalla linguetta. Buttare la linguetta in un portarifiuti. In caso di riprese a colori a temperature di 18 °C o inferiori è necessario utilizzare le Buste Speciali Polaroid N° 195. Prima dell'uso scaldare la Busta Speciale in una tasca interna della giacca per circa 5 minuti. Posizionare l'anello della luminosità su una posizione più chiara rispetto a quanto indicato sul filmpack. Scattare la fotografia. Dopo aver estratto la linguetta gialla introdurre la pellicola nella Busta Speciale lasciando sporgere la linguetta all'esterno. Sviluppare la fotografia per 60 secondi tenendo la Busta Speciale tra il corpo e il braccio.
Nella prima pagina ho messo delle foto di me a Roma e sugli sci e di mio padre prese proprio con questa POLAROID!
Un po di storia:
Questo modello Colorpack 80 venne prodotto dalla Polaroid, dal 1971 al 1976, solo per esportazione ed era simile al modello Colorpack II venduto negli Stati Uniti. Sul retro dell'apparecchio venivano inserite delle istruzioni per l'uso in diverse lingue e le indicazioni delle distanze di ripresa erano solo in metri. Queste fotocamere avevano otturatore elettronico (velocità di scatto da 1/500 di secondo a 10 secondi), esposizione automatica, potevano essere utilizzati con cuboflash, si potevano selezionare due velocità della pellicola (75 o 3000) e a ciascuna corrispondeva un'apertura fissa dell'obiettivo. Il modello Colorpack II, prodotto dal 1969 al 1972, fu il primo a colori venduto a buon prezzo (sotto i 30 Dollari) e il primo a colori con corpo in plastica. Fu un modello molto diffuso.
Si usava cosi:
Apparecchio fotografico di facile uso. Si seleziona la pellicola (colore/bianco e nero) con l'apposito dispositivo a slitta, si seleziona la luminosità con l'apposito anello (chiaro/scuro), si selziona la distanza di ripresa sull'obiettivo. Sbloccato il pulsante di scatto lo si preme delicatamente, fino in fondo. Se si utilizza il flash: inserire il cuboflash nell'apposio alloggio, bloccandolo ruotando in senso orario di 45°. Distanza ideale di ripresa con il flash: 1,5 metri. Dopo l'uso il cuboflash ruoto automaticamente. Per sviluppare la pellicola: tenendo l'apparecchio per l'impugnatura (lasciandolo pendere) estrarre la linguetta bianca, compare la linguetta gialla. Estrarre anche la linguetta giala lentamente: ha inizio lo sviluppo. Attendere i tempi indicati sul filmpack e separare la foto dalla linguetta. Buttare la linguetta in un portarifiuti. In caso di riprese a colori a temperature di 18 °C o inferiori è necessario utilizzare le Buste Speciali Polaroid N° 195. Prima dell'uso scaldare la Busta Speciale in una tasca interna della giacca per circa 5 minuti. Posizionare l'anello della luminosità su una posizione più chiara rispetto a quanto indicato sul filmpack. Scattare la fotografia. Dopo aver estratto la linguetta gialla introdurre la pellicola nella Busta Speciale lasciando sporgere la linguetta all'esterno. Sviluppare la fotografia per 60 secondi tenendo la Busta Speciale tra il corpo e il braccio.
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lo mettevo intorno al collo o la spalla a tutto volume...fino a quando si scaricava...
lo mettevo intorno al collo o la spalla a tutto volume...fino a quando si scaricava...
Il MiniMoog - anno 1970 -71- ed il sintetizzatore entra nella storia!
Il Minimoog è un sintetizzatore monofonico analogico inventato da Robert Moog. Fu messo in commercio nel 1970 dalla Moog Music, e fu uno dei primi sintetizzatori di prezzo accessibile, leggeri, relativamente semplici da programmare e largamente disponibili sul mercato.
Il minimoog aveva sei sorgenti di suono. Cinque di queste (tre oscillatori elettrici con forme d'onda selezionabili, un generatore di rumore, e una linea di input dall'esterno) passavano attraverso un mixer attraverso cui si poteva regolare indipendentemente il volume di ciascuna delle sorgenti. Il suono risultante veniva portato a un filtro e a un amplificatore, ciascuno dei quali aveva il proprio generatore di inviluppo ADSR. Il filtro stesso poteva essere fatto oscillare, e costituiva quindi una sesta sorgente sonora. Inoltre, il terzo oscillatore poteva essere usato come un oscillatore a bassa frequenza (LFO). Un secondo amplificatore, non raggiungibile dal pannello comandi, era collegato in serie al primo per gestire esclusivamente gli eventuali controlli di volume ricevuti dall'esterno. Sulla fascia superiore del pannello comandi, dietro la striscia di legno che la decora, sono presenti quattro collegamenti per il controllo dello strumento da parte di apparecchiature esterne: un ingresso Switch Trigger (altrimenti denominato S-Trig) per il pilotaggio dei due inviluppi interni e tre ingressi di CV per il controllo di Oscillators, Filter ed Amplifier; questi ultimi regolano rispettivamente l'intonazione degli oscillatori, l'apertura del filtro ed il volume dell'amplificatore finale. Altre due prese a sei contatti, denominate Accessory, permettevano di alimentare eventuali apparecchiature Moog collegate al minimoog, ad esempio Ribbon Controller, Sample & Hold Module, Drum Controller. Il minimoog può essere suonato usando la sua tastiera built-in (44 tasti), che include dischi per il controllo del tono ("bender") e della modulazione, o facendo entrare un segnale esterno e modificandolo con i generatori di inviluppo. Tali generatori iniziano un nuovo inviluppo solo quando l'ultimo tasto è stato sollevato e viene premuto il prossimo, una caratteristica importante per il fraseggio. La priorità di assegnazione delle note rispettata dalla tastiera del minimoog è del tipo definita "low note", ovvero il circuito privilegia la nota più bassa tra quelle eventualmente innescate simultaneamente; questo permette una serie di interessanti trucchi esecutivi ottenibili con la veloce ripetizione d'ottava. In tal proposito, uno dei maestri indiscussi del genere è il tastierista britannico Rick Wakeman, già facente parte degli Yes. Le ruote di modulazione e pitch bend (letteralmente "inflessione dell'intonazione") furono una delle innovazioni più apprezzate dai musicisti della scena rock dei primi anni settanta. A differenza di dispositivi analoghi che si trovano oggi nei sintetizzatori digitali, i dischi non erano a molla; il tastierista doveva quindi riportarli nella posizione centrata a mano (nel caso del bender, per esempio, per ripristinare la tonalità originale dello strumento). Il bender era estremamente sensibile; in effetti, proprio a causa della sua natura analogica, si può dire che il più piccolo spostamento del disco corrispondeva a un proporzionale mutamento di tono. Di conseguenza, il disco si prestava a essere usato anche per effetti come un leggero vibrato. Utilizzo Il compositore jazz Sun Ra fu uno dei primi artisti a usare il minimoog, avendo ricevuto dallo stesso Moog nel 1969 un prototipo del Model B, versione seminale del futuro modello commerciale. Bernie Worrell, tastierista e compositore del gruppo Parliament/Funkadelic, fu uno degli esempi più incredibili nell'utilizzo di questo piccolo synth, soprattutto per i suoi caratteristici riff di synth bass. Worrell appare anche nel dvd dedicato al Minimoog. Molti usi del bender furono inizialmente sperimentati da Jan Hammer nel suo lavoro con la Mahavishnu Orchestra e con Jeff Beck (specialmente nell'album Wired). Molti tastieristi si ispirarono proprio alle tecniche di Hammer. Nel panorama italiano, i primi ad utilizzarlo furono Flavio Premoli della PFM, Tony Pagliuca de Le orme, il produttore Gian Piero Reverberi, Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso, Roby Facchinetti dei Pooh e tutta una schiera di tastieristi che in quel periodo animarono la scena della musica italiana, arricchito dalle notevoli potenzialità timbriche di questo seminale strumento analogico. Il minimoog fu molto apprezzato negli anni settanta e ottanta in contesti quali la musica elettronica, il p-funk di George Clinton, il progressive rock e altri. Per controllare il suono regolare il Cutoff, Mod, Env, Release (volume-envelope), ed il Kbd-Oct tenendo il tasto sinistro del mouse premuto e trascinandolo su o giù.
Il Mellotron - anni 70
Il Mellotron è uno strumento musicale a tastiera divenuto popolare tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta. Usato per la prima volta da Graham Bond nell'album The Sound of '65. Successivamente è stato usato anche da altri artisti tra cui The Beatles, Moody Blues, Genesis, Rick Wakeman, Yes, i Pooh, Brian Jones dei Rolling Stones, Richard Wright dei Pink Floyd, John Paul Jones dei Led Zeppelin, Robert Fripp dei King Crimson, Robert Wyatt, Jethro Tull e Barclay James Harvest successivamente.
Un esempio del suo tipico suono si può ascoltare nei primi secondi della canzone Strawberry Fields Forever, dove lo strumento — che allora era quasi sconosciuto — è suonato da Paul McCartney. Storia Inizialmente venne creato e pubblicizzato come strumento da casa similmente ad un organo da salotto. Lo dimostrano le prime versioni dove l'imponente e artistica costruzione in legno non permetteva molti spostamenti. È considerato l'antenato dei moderni campionatori, poiché la pressione di ciascun tasto innesca la riproduzione di un segmento di nastro magnetico su cui è stato precedentemente registrato il suono di archi, cori e flauti (i suoni più comuni, ma anche violoncello e vari strumenti a fiato). La durata del campione era di 8 secondi; terminato il segmento di nastro, bisognava alzare il dito dal tasto e ripremerlo. In quella frazione di secondo una molla riavvolgeva il nastro riposizionandolo al punto di start. Inizialmente ogni modello poteva riprodurre solo un suono, e cioè quello corrispondente ai nastri installati. Successivamente fu creato un sistema a "cartucce" grazie al quale si poteva smontare il blocco dei nastri e sostituirlo con un altro differente. L'ultima versione includeva un blocco rotante con quattro sezioni di nastri con diversi suoni che potevano essere cambiati girando una manovella sullo strumento. Lo strumento era delicatissimo ed ogni pezzo di nastro doveva essere esattamente lungo come gli altri. La velocità di scorrimento di ogni nastro andava calibrata per mantenere tutti i tasti intonati fra loro. I nastri che si rompevano potevano essere sostituiti e i campioni originali erano conservati presso la casa madre. Negli anni settanta fu introdotto in Italia e largamente utilizzato da gruppi come Premiata Forneria Marconi, Le Orme, i Matia Bazar, gli Osanna, i Pooh e molti altri. |
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Leslie - Altoparlante Rotante
Dimostrazione dell'altoparlante rotante Leslie
I Pink Floyd a Pompei Napoli (anni 70) con le casse Leslie in marrone chiaro nello sfondo (uno dietro il batterista).
Modelli di Leslie
velocità (incluso il fermo). |
La Storia
Il Leslie venne ideato come complemento ai primi organi Hammond a ruote foniche (tonewheels); lo strumento era stato proposto dal suo inventore come sostituto dell'organo liturgico, ma il risultato complessivo lasciava molto a desiderare per la staticità e innaturalezza del suono, nonché per il persistere di onde stazionarie, amplificate ed evidenziate nell'acustica delle chiese. Si pensò allora di migliorarne la qualità, facendo ruotare gli altoparlanti dell'amplificatore in modo da creare un piccolo effetto Doppler e da fornire al suono una certa spazialità; Don Leslie presentò il suo primo amplificatore con altoparlanti rotanti nel 1940. _________________________ Modalità operative: Chorus, Tremolo, Stop Aiuto La maggior parte dei Leslie prevede due velocità di funzionamento: si tratta del Chorus e del Tremolo visti in precedenza. Oltre alla velocità lenta e a quella veloce, esistono modelli che prevedono anche una posizione detta di Stop nella quale i motori non sono alimentati e pertanto i rotori pervengono ad una condizione di fermo. Nel modello 760 nel passaggio da tremolo a stop, viene esercitata un'azione di frenatura per far sì che i rotori si arrestino in fretta. Per raggiungere lo scopo viene usato un circuito temporizzatore che inserisce per un lasso di tempo (regolabile internamente) la modalità Chorus prima di disattivare del tutto i gruppi motori. In questo modo i motori più lenti effettuano un'azione frenante per imporre la propria velocità ai rispettivi rotori. Lo Stop può essere installato anche su modelli che prevedono solo Tremolo e Chorale, ivi compreso il circuito per la frenatura. |
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Il computer iniziava ad entrare nelle case Italiane...
Immagini della IBM seguita dalla Commodore e la Apple
Il computer iniziava ad entrare nelle case Italiane...
Immagini della IBM seguita dalla Commodore e la Apple
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Commodore
Commodore
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Apple
Apple
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Il registratore...chi lo voleva a 4 canali e chi si accontentava ..
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L'elettronica iniziava a far parte della vita quotidiana...
L'elettronica iniziava a far parte della vita quotidiana...
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..e le nostre auto radiocomandate RC erano cosi..quella di Pietro che ogni tanto mi faceva guidare ... su questa stradella di fianco al campo d'atletica
..e le nostre auto radiocomandate RC erano cosi..quella di Pietro che ogni tanto mi faceva guidare ... su questa stradella di fianco al campo d'atletica
chi non ricorda questi !?
Il cubo di Rubik I record italiani sono:
giocatelo qui sotto .. |
Storia
Nella primavera del 1974, mentre si trova nella sua casa a Budapest, capitale dell'Ungheria, Ernő Rubik crea il primo prototipo del cubo di Rubik, progettato a scopi didattici e all'inizio si diffuse solo tra i matematici ungheresi, interessati ai problemi statistici e teorici che il cubo poneva. Questo differiva lievemente da quello odierno: era monocolore, di legno e con gli angoli smussati. L'anno successivo, dopo le modifiche che lo porteranno a essere tale e quale a quello di oggi, Rubik brevetta il cubo e affida alla produttrice di giocattoli Polithechnika il difficile compito della distribuzione del gioco matematico battezzato Magic Cube. |